I mercati internazionali e i titoli di Stato subiscono oscillazioni continue a causa delle politiche internazionali. Per tale ragione è ora sempre più imminente con la guerra in Ucraina uno sconvolgimento degli equilibri finanziari destinati a rallentare o addirittura crollare sulla spinta delle sanzioni.
Lo scenario della guerra nei mercati
La recente invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo ha dominato ultimamente non solo gli scenari dell’informazione e della politica internazionale, ma ha portato delle ripercussioni importanti e già visibili sui mercati e sulla finanza, anche quella italiana.
Interessante il dato che vede due prime grandi differenze tra i mercati americani e asiatici che vedono una lieve perdita stimata intorno al 5-6% nell’arco dell’ultimo mese, mentre si registrano dei cali più significativi sui titoli azionari europei, di circa il doppio di quelli dell’area americana e nipponica e valutati circa al 10-11%. I mercati obbligazionari registrano una controtendenza: i prezzi sono saliti ma lo spread si sono ridotti. Tra tutte le monete è il dollaro che mostra un rafforzamento, seguito dall’oro e dalle cripto valute.
Le motivazioni di questi movimenti sono dunque da attribuire soprattutto alla vicinanza con il mondo russo e alla relazione con alcuni settori quali quello delle risorse e quello bancario.
Quali previsioni del futuro prossimo?
Si continua a prospettare un aumento del prezzo delle materie prime, non solo di quelle del settore energetico, così come risulta ancora molto preoccupante e non di facile risoluzione la mancanza di approvvigionamenti di cereali visto che l’Ucraina è uno dei maggiori produttori al mondo di frumento, insieme alla Russia.
L’Europa, in questo scenario, probabilmente pagherà il prezzo più alto della crisi anche perché gli Stati Uniti sono oramai autosufficienti sia in termini energetici che cerealicoli.
Tutto ciò riduce gli spazi di manovra per sostenere i bisogni più elementari (pane e benzina) delle classi più deboli e quindi sostenerne i consumi.
La politica monetaria internazionale ma in particolare europea si trova nella a dover contrastare un’inflazione che dipende da fattori di offerta sui quali ha scarsa influenza, cercando di non appesantire un ciclo economico già in progressivo rallentamento.
Infatti anche la politica fiscale vive una congiuntura problematica appesantita dell’enorme debito pubblico nato a causa della pandemia e delle conseguenti spese militari e nel comparto della difesa.
In questa situazione è pensabile che sia le borse che i mercati obbligazionari scendano, salvo che le banche centrali, nel nuovo scenario di guerra, siano disposte ad accettare “temporaneamente” un’inflazione molto alta.
Può allora valere la pena che gli investitori privilegino gli investimenti in beni reali, in titoli obbligazionari a breve.
Secondo gli esperti, le aziende che possono dare maggiori soddisfazioni ai loro azionisti sono quelle dotate di un potere di mercato, traslando ad esempio sui prezzi i maggiori costi di produzione.