Il caso Zegna
L’evento più atteso nell’ambito della moda italiana, è stato certamente l’operazione IPO nel settore del fashion&luxury di Zegna, nota casa di moda Made in Italy, non solo per il proprio prodotto ma soprattutto per la sua storia aziendale e la sua filiera.
La casa, nonostante la decisione di non voler far parte del mercato azionario nell’anno precedente, ha deciso di debuttare sul NYSE di New York, con il simbolo di Zgn, poco prima di natale; listino scelto per questioni commerciali.
Infatti i numeri hanno confermato che si è trattata di un’operazione di grande significato, non solo perché Zegna è una dei gruppi italiani a livello internazionale con un fatturato oltre un milione di euro di fatturato, bensì durante il primo giorno di contrattazioni del titolo, ha segnato un rialzo del 10% a 11,16 dollari (circa 9,90 euro). L’operazione successivamente ha portato l’enterprise value (ovvero il valore aziendale) a 3,2 miliardi di dollari e un market cap (ovvero il valore di mercato totale delle azioni) di 2,5 miliardi di dollari,
È di grande rilevanza il fatto, in quanto è l’unico Made in Italy ad aver scelto, dopo tanto tempo, la strada della quotazione; altre società hanno scelto quest’operazione negli anni precedenti, come Moncler nel 2013, Cucinelli nel 2012, e addirittura Salvatore Ferragamo nel 2011.
Il caso in questione, fa emergere purtroppo una sorta di apatia della moda italiana verso la quotazione, per intraprendere un percorso di sviluppo completamente nuovo; infatti tra i colossi del made in Italy a livello internazionale, non vi sono nomi con l’intenzione di sbarcare sul mercato azionario.
La quotazione in borsa, non è solo una forma di raccolta di capitale di rischio, ma è anche l’accettazione di un modello di sviluppo che richiede all’azienda di giocare un ruolo come protagonista nel suo mercato di riferimento. Difatti se la moda italiana vuole tornare sul “piedistallo” non può non scegliere la strada della quotazione.
Daniela Palermo