Si è sempre sentito parlare di fallimento di un’azienda, ma effettivamente cos’è?
Il fallimento è, per il diritto, uno strumento di regolazione della crisi di un’impresa, attraverso la liquidazione del patrimonio attivo del debitore e la ripartizione del ricavato tra i suoi creditori. Quindi coinvolge il debitore, l’intero patrimonio dello stesso e tutti i suoi creditori.
Ma tutto ciò, quando avviene?
Si verifica, nel momento in cui, un’azienda si trova indebitata, cioè quando il valore dei suoi beni non copre più l’ammontare dei suoi debiti.
Secondo alcune ricerche, le statiche ci mostrano che più di una azienda fallisce a seguito del mancato pagamento da parte dei suoi debitori; al contempo, a seguito di un rallentamento dell’economia, in diversi paesi dell’UE, la percentuale dei fallimenti si trova in uno dei suoi più alti livelli dopo quasi un decennio.
Tra le queste, è emerso che le varie cause di fallimento, non sono dovute solo per un mancato pagamento, come accennato precedentemente, ma proviene:
il 21% da insolvenze dei clienti; l’11% da magazzini sovradimensionati e/o problematiche finanziarie; il 10% da cattiva amministrazione e/o morte; il 9% azioni sleali di cui l’azienda è vittima; l’8% trasferimenti e decentralizzazioni; 8% diminuizione del fatturato dovuta ad una cattiva congiuntura economica; 6% cattiva organizzazione dell’azienda
Con l’avvento della pandemia globale che ci ha colpito nei due anni precedenti, diverse aziende, alcune del settore della moda, si sono ritrovate a dichiarare fallimento; tra queste vi è il colosso TOPSHOP.
Per chi non lo conoscesse, TOPSHOP era conosciuta come una delle catene di abbigliamento inglese più importanti sin dai primi anni 2000, definito “higt street brand”, a metà strada tra il più economico fast fashion e il prêt-à-porter. L’obiettivo che il brand si era prefissato, era quello di offrire ad un target più ampio la possibilità di indossare capi visti sulle passerelle, durante la LFW.
L’errore del colosso londinese, è stato il fatto di non aver compreso la potenzialità della rete, attuando una conversione e un potenziamento della propria strategia nel campo del digital; cosa non che non hanno sottovalutato i suoi competitors, come ZARA,Bershka ecc..
È vero anche che l’aria del fallimento, si sentiva già nel 2018, quando Philp Green, proprietario del marchio, venne accusato di molestie, che causò un calo delle vendite e conseguentemente una perdita di fatturato di 202 milioni di euro.
Quindi l’emergenza pandemica mondiale, non ha fatto altro che accelerare un destino già segnato, frutto di strategie sbagliate e scandali, portando alla chiusura definitiva di diversi negozi e alla perdita di numerosi posti di lavoro.
Daniela Palermo