La BCE è intervenuta dopo oltre 10 anni con un rialzo dei tassi di interesse di mezzo punto percentuale. Di fronte a un quadro economico preoccupante, con un’inflazione che si avvicina alla doppia cifra, la Banca centrale europea ha optato per una stretta monetaria dello 0,50%.
Ma quali saranno le ripercussioni dell’aumento del costo del denaro? E quali saranno gli ambiti più “colpiti” da questa scelta?
Prestiti e mutui: l’aumento dei tassi della Banca centrale influenza il livello generale dei tassi d’interesse e, quindi, il livello generale del costo del denaro. Se le banche dell’eurozona corrispondono un costo maggiore per prendere in prestito denaro dalla BCE, ne discende che i prestiti e i finanziamenti a tasso variabile (mutui) a imprese e cittadini saranno più onerosi.
Il parametro di riferimento per i mutui a tasso variabile è l’Euribor che, come gli altri tassi di interesse interbancari, è molto sensibile alla variazione del tasso BCE. Gli incrementi per cittadini e imprese potrebbero essere maggiori in alcuni Paesi, come l’Italia, se la Banca centrale non eviterà il ritorno della frammentazione del mercato europeo già vista negli anni scorsi.
Maggior costo del debito pubblico: se i tassi salgono, gli Stati che emettono titoli di debito per finanziarsi dovranno offrirli con interessi più alti, diversamente i mercati potrebbero orientarsi verso strumenti aventi condizioni più agevoli. Tale scenario potrebbe comportare un aggravio della situazione per quei Paesi già molto indebitati, come l’Italia, al netto di interventi della Banca centrale, simili al quantitative easing, per tenere bassi gli spread.
La crescita rallenta: il rischio comune e generalizzato di una stretta monetaria è quello di una frenata della crescita, dovuta a una contrazione dei consumi e degli investimenti da parte delle imprese.
Tuttavia, è necessario considerare che le conseguenze di un’inflazione galoppante possono essere ancor più gravi.
A cura di: Lorenzo Scimò